
Nell’area della XII regione augustea (
Piscina Publica), dove a partire dal 212 d.C. Caracalla edificò le sue grandiose Terme, si trovavano, precedentemente, alcune abitazioni di età imperiale, che vennero demolite in quell’occasione. Scavi effettuati a più riprese, tra il 1860 e il 1867, nel giardino delle Terme, in prossimità dell’angolo sud-est del corpo centrale, hanno permesso il rinvenimento, a 8 m dall’attuale piano di calpestio, di una di queste case, particolarmente lussuosa, da cui provengono importanti mosaici, affreschi e reperti marmorei (tra cui un torso di Ercole e alcuni capitelli figurati).Questa
domus presenta una prima fase edilizia databile al 130-138 d.C. e dei significativi rimaneggiamenti strutturali eseguiti tra l’ultimo venticinquennio del II e i primissimi anni del III sec. d.C.Le Terme di Caracalla costituiscono l’esempio più imponente, per organicità spaziale e soluzione dei problemi architettonici, tra le «grandi terme imperiali».Nello stesso anno in cui cominciarono i lavori per la loro costruzione (212 d.C.), fu realizzata l’
Aqua Antoniniana Iovia, diramazione dell’
Aqua Marcia, che assicurava il fabbisogno idrico delle Terme. Il nuovo acquedotto si distaccava da quello preesistente a circa tre miglia dalla città e superava la via Appia sul cosiddetto «Arco di Druso», nei pressi di Porta S. Sebastiano, dove ancora si possono vedere cospicui resti dello speco.Le Terme vennero dedicate da Caracalla nel 216 d.C., ma in quell’anno i lavori del complesso non erano del tutto ultimati; il recinto esterno
(porticus), infatti, come ricordano le fonti (
Historia Augusta) venne costruito dai due imperatori successori di Caracalla: Elagabalo e Severo Alessandro. Durante i principati di Aureliano, Diocleziano e Costantino furono effettuati importanti interventi di restauro e di modifica parziale dell’impianto originario. La funzionalità delle Terme nel corso del V secolo d.C. è attestata dalle fonti storico-letterarie (Polemio Silvio e Olimpiodoro), confermate, del resto, da dati acquisiti da recenti scavi eseguiti nelle gallerie.Nella prima metà del VI sec. d.C., in seguito ai gravi danni provocati alla rete degli acquedotti della città dalle distruzioni dei Goti di Vitige, le Terme vennero definitivamente chiuse.L’area del complesso termale, nel periodo successivo, venne utilizzata come sepolcreto, come dimostra la scoperta di tombe povere del VI e VII secolo d.C., rinvenute nel recinto esterno. Nel XII secolo il monumento divenne una vera e propria cava di materiali pregiati, reimpiegati nella decorazione di nuove fabbriche (capitelli figurati vennero collocati nel Duomo di Pisa e nella Chiesa di S. Maria in Trastevere).Ancora nei primi anni del Cinquecento il nucleo centrale dell’edificio doveva essere visitabile; ma di lì a poco, con gli scavi di papa Paolo III Farnese, che si apprestava alla costruzione del Palazzo omonimo (oggi sede dell’Ambasciata di Francia), le Terme subirono un pesante colpo dal punto di vista della conservazione delle strutture e dell’apparato decorativo. Importanti ritrovamenti vennero effettuati nel corso delle esplorazioni realizzate tra il 1545 e il 1547: tra questi si possono ricordare le tre colossali statue Farnese (il Toro, la Flora e l’Ercole), ora conservate al Museo Nazionale di Napoli.Dai due ambienti rettangolari ai lati della basilica, probabilmente, provenivano le due vasche di granito che oggi si possono ammirare nella elegante cornice di piazza Farnese; dal
frigidariumfu invece tratta la colonna di granito collocata, dopo il 1563, in piazza S. Trinita a Firenze.L’ampia superficie delle Terme, nei giorni drammatici della peste del 1656, venne anche utilizzata come «guardaroba», ovvero come luogo in cui veniva fatta asciugare la biancheria che era stata in precedenza lavata nelle «valche» della Caffarella. I primi scavi sistematici vennero avviati, dal conte Egidio Di Velo, nel 1824: essi interessarono la parte centrale del complesso termale, e diedero luogo all’eccezionale rinvenimento dei mosaici policromi, raffiguranti atleti, oggi conservati ai Musei Vaticani. Seguirono, nel corso dell’Ottocento, altri importanti scavi e ricerche, tra cui quelli di Pietro Rosa e Giuseppe Fiorelli.Gli interventi realizzati nel Novecento hanno riguardato in maniera particolare la struttura perimetrale e le gallerie sotterranee, dove nel 1996 è stata rinvenuta una statua frammentaria di Artemide, dall’aprile del 1997 esposta nella cosiddetta aula ottagona delle Terme di Diocleziano. Sotto il profilo planimetrico e spaziale le Terme di Caracalla, da un lato recuperano pienamente lo schema assiale già elaborato in precedenza per i complessi termali imperiali, e adottato, ad esempio, nelle Terme di Traiano sull’Oppio, ma dall’altro introducono un elemento nuovo rispetto a quelle, che si traduce nella creazione di un’ampia superficie a giardino (
xystus) posta a dividere nettamente il corpo centrale delle Terme vere e proprie dal grandioso recinto esterno, dove erano disposti i servizi aggiuntivi.Al centro del lato nord-est del recinto, che misurava m 337 x 328, si trovava l’ingresso monumentale, sul lato opposto era una gradinata a forma di mezzo stadio, da dove si poteva assistere a gare ginniche e che nascondeva grandi cisterne; ai lati della gradinata due ambienti absidati, rettangolari, avevano la probabile funzione di biblioteche. Gli altri due lati del recinto esterno presentavano due enormi esedre simmetriche, ciascuna delle quali con tre sale, di cui una ottagona, corrispondente verosimilmente a un ninfeo.Si accedeva al nucleo centrale, di m 220 x 114 (oltre 140 con il calidario), attraverso quattro ingressi aperti sul lato nord-est, quello più vicino alla porta monumentale del recinto.L’asse centrale del complesso era costituito dalla successione canonica, da nord a sud, della
natatio (con un’esedra rettangolare tra due semicircolari) seguita dal
frigidarium (salone basilicale coperto da tre imponenti volte a crociera su otto pilastri), dal
tepidarium e dal grande
caldarium circolare (con copertura a cupola, finestroni su due piani e con sette vasche, di cui una centrale).Ai lati di questo asse e raggruppati intorno a due grandi palestre porticate su tre lati, si disponevano, in maniera simmetrica, gli altri ambienti di servizio, tra cui gli
apodyteria (spogliatoi) nelle vicinanze degli ingressi e i
laconica (bagni turchi) a sud delle palestre.Per quanto riguarda la capacità di accoglienza, Olimpiodoro ricorda che le Terme di Caracalla potevano contenere 1.600 persone. Recenti studi hanno stabilito che questa cifra assai probabilmente si riferisce a un unico turno di utenti che usufruivano contemporaneamente degli impianti, nell’ambito di un iter termale canonico, mentre per un’intera giornata di apertura la cifra stimata è pari a 10-15.000 persone.Nel 1912, nei sotterranei presso la grande esedra nord-ovest del recinto esterno, fu scoperto il più grande Mitreo tra quelli conosciuti a Roma, costituito da diversi ambienti e da un’ampia stanza rettangolare, con volte a crociera, pavimento a mosaico bianco con fasce nere e due banconi laterali per gli adepti. Al centro di essa si trova la cosiddetta «
fossa sanguinis», legata alla celebrazione del taurobolio (uccisione cruenta del toro) e alla iniziazione al culto mitriaco.Da uno degli ambienti del Mitreo proviene l’ «Afrodite anadiomene» attualmente conservata nell’aula ottagona delle Terme di Diocleziano. F. T.