
All’estrema parte orientale del Celio, tra la Porta Maggiore e l’Anfiteatro Castrense, si estendeva una grande villa imperiale, costruita verso la metà del III secolo d.C., che si sviluppava sia all’interno sia all’esterno delle Mura Aureliane. La zona, che per la sua posizione elevata era stata prescelta per l’ingresso in città della maggior parte degli acquedotti, era detta in antico «
ad Spem Veterem» (alla Speranza Vecchia), dalla presenza di un tempio dedicato alla Speranza, costruito nel 477 a.C. Il santuario era così definito per distinguerlo dal nuovo tempio dedicato alla stessa divinità, costruito nel Foro Olitorio dove è situata attualmente la chiesa di S. Nicola in Carcere. Nella zona della «Speranza Vecchia» vi erano i giardini di Sesto Vario Marcello, padre dell’imperatore Elagabalo (218-222 d.C.), menzionati più volte dalla fonti storiche. Probabilmente all’inizio del III secolo e certamente al momento dell’avvento al trono di Elagabalo, i giardini, nei quali sorgevano grandi edifici di ogni tipo (il palazzo, l’anfiteatro, il circo ecc.), entrarono a far parte del patrimonio imperiale. Al momento della costruzione delle Mura Aureliane, motivi di carattere pratico e strategico non permisero di modificare il percorso della nuova cinta difensiva. Le mura furono fatte passare all’interno della grande villa, in alcuni casi (Circo Variano) tagliando parte degli edifici, o inglobandoli nella nuova struttura (Anfiteatro Castrense). All’inizio del III secolo d.C., forse già sotto il regno di Settimio Severo, la zona fu prescelta come residenza imperiale in alternativa alla sede ufficiale del Palatino, divenuta ormai inadatta alle esigenze dell’imperatore e della corte. Inizia allora la costruzione del Palazzo del Sessorio, il cui nome dovrebbe derivare da
sedeo, «soggiorno». Nel IV secolo la villa imperiale fu residenza di Elena, madre di Costantino, che la scelse come sua abitazione e la abbellì con nuove costruzioni (le terme) e con numerosi restauri. Secondo la tradizione, all’imperatrice si deve il trasporto da Gerusalemme a Roma delle reliquie della Croce di Cristo, che costituì il motivo della costruzione dell’attuale chiesa, eretta utilizzando una grande aula del Palazzo Sessoriano. Era questa un’ampia sala rettangolare, una sorta di grande atrio, lungo m 39 e largo m 24, i cui lati maggiori erano in origine aperti da cinque grandi porte alle quali corrispondevano, in alto, altrettanti finestroni. La copertura dell’aula era costituita da un tetto a padiglione; la cortina muraria esterna era ricoperta da intonaco sul quale erano disegnati finti blocchi bugnati a somiglianza della facciata della Curia del Senato al Foro Romano. Le pareti interne erano rivestite in basso con incrostazioni marmoree, mentre in alto erano ricoperte con intonaci dipinti. Del pavimento originale dell’aula non è stata trovata traccia, ma considerando la ricchezza dell’ambiente doveva essere o a mosaico o in
opus sectile.Al momento della costruzione della basilica, dal
Liber Pontificalis attribuita a Costantino ma probabilmente da collocare alla metà del IV secolo, fu aggiunta un’abside alla parete orientale; parte delle aperture fu tamponata e l’interno fu diviso, nel senso della larghezza, con due setti murari sostenuti da quattro coppie di colonne binate, disposte perpendicolarmente all’asse maggiore dell’aula. F. A.